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Casa Editrice: Autore/i (a cura di):
Monduzzi Editore   Pietro Carbone

Provèrbiti,Ritti andìchi,Espressiùni



Pur se logicamente mi auguro che questo mio libercolo venga acquistato da un buon numero di persone, oltre che da qualche Ente generoso, non posso mancare a far notare che questo lavoro non è affatto uno studio grande o piccolo su problemi sociali, etnografici o glottologici, ma esclusivamente un mio divertimento di annotazioni ed osservazioni. Colui che è alla ricerca di cose tanto più grandi di me, compri pure, ma ne faccia a meno di sfogliare le seguenti pagine. Va bene, invece, andare a pescanti qualche cosucola, per chi non pretende altro che trovare che cosa mi fu possibile sentire dalla nostra gente anziana. Potrebbe costui trovarvi qualche elemento che lo diletti e gli dia voglia di ripeterlo. Ci sono talvolta certe coloriture che lasciano un certo gusto gradevole nella nostra mente. Premesso questo per tal mio lavoro da hobby o violino d'Ingres, passo ad una nota che pretende di chiarire a me soprattutto, ma anche a quel minimo numero di superficialoni miei pari, che cosa potrebbe venire in mente a chi si trova a leggere i seguenti Ritti, provèrbiti ed altre espressioni" qui raccolte. Primo punto logico mi pare questo. É ben difficile proporre la differenza tra i proverbi prettamente nostri e quelli che sono in comune ad altre regioni. E immaginare poi a volerli paragonare a quei detti conservati e tramandati in terre al di fuori del nostro territorio nazionale! Altrettanto difficile, e si potrebbe dire impossibile, è lo stabilire, al momento in cui si ha la certezza di for uso anche in lingua italiana, se l'origine appartiene ad un luogo o ad un altro. E ancora più complicato mi pare debba ritenersi voler rintracciare l'antico uso di essi nelle lingue, che hanno contribuito a portare allo stato attuale sia il linguaggio comune, l'Italiano, sia il particolare, il dialetto. Anche il più erudito ricercatore di espressioni, perfetto conoscitore di greco, di latino, di arabo, nonche longobardo e normanno, finirebbe per trovare troppo arduo il compito di rintracciarne, in tali lingue, l'antecendenza. Ammesso che si arrivi a stabilire che uno dei proverbi derivi, anzi era in uso, poniamo ín lingua greca, chi potrebbe assiomaticamente affermare che non furono i greci ad appropriarsene dai linguaggio usato dal luogo di colonizzazione e, traducendolo, giacché essi avevano cultura linguistica più forte, lo lasciarono poi ai posteri come proprio? A mio modo di vedere, sia nelle origini di alcuni termini, da cui si fan derivare molte parole di lingua italiana, talvolta sballatamente, come, ad esempio, prezzemolo da "greco" (il nostro dialetto, invece, ne deriva quasi perfetto il termine "petrosino"), sia in quelle dei detti. il dubbio, per lo meno, deve restare. Non così, però, è per certi "ritti o proverbio", nonché espressioni idiomatiche, dove è chiarissima la loro origine nel tempo e nel luogo. Essi, infatti, sono tali che è impossibile non dirli nati nei Cilento, e talvolta in una precisata parte di esso, perché ne danno chiara ed inconfondibile definizione. Porto, ad esempio, questo "proverbito": - Si (o quanno) lamba a Aruòpoli, pigglia lu mando e cuòpriti - Ad esso si fa seguire, (se ne ha origini contemporaneamente, non si sa) un altro proverbio: - Quanno (o si) lamba a l'Ascéa, puri ca hiove, l'acqua scréa - Quest'ultimo subite nella seconda parte delle variabili, una delle quali è: - l'acqua non ze 'ngrea -, che significa "non genera pioggia". Si capisce che tale proverbio, oltre ad essere assolutamente cilentano, appartiene per giunta a quel Cilento montano-collinare, che ha a nord-ovest Agropoli e a Sud-ovest Ascea, località. che s'affacciano verso il mare. Tradotto, si ha letteralmente: "Quando lampeggia ad Agropoli, prendi il mantello (logicamente impeciata per renderlo impermeabile) e copriti, perché piove di sicuro. Quando, invece, balena ad Ascea, anche se sta piovendo, la pioggia sparisce definitivamente. Nel caso che, poi, si veda anche un continuo lampare verso Ascea e non sta piovendo, puoi avere la certezza che non si procreerà nessun temporale. Questo proverbio può dirsi anche scientificamente metereologico, derivato da quella saggezza popolare innata in ogni contadino e pastore della nostra zona. Coloro che vivono nel mio paese o in altri limitrofi han potuto ben constatare che, quando si è visto di sera in pieno sereno, il baluginare, pur senza udire il tuono, nella zona del Maestrale, detto anche "viendo salernitano", dov'è appunto, rispetto a noi, Agropoli, durante la notte o al mattino seguente, è venuta la pioggia violenta. Quando, invece, il balenio si vedeva ad Ascea e zone limitrofe, anche l'annuvolamento più denso svaniva poco dopo o nel corso della notte. Da ciò, la doppia constatazione già prospettata: il proverbio è assolutamente di quel Cilento, che ha quasi per centro il mio paese e coloro o colui che l'ha formulato aveva una conoscenza perfetta del movimento dei venti, anche quando non si presentavano chiaramente definitivi. Inserendo una parentesi, non posso dimenticare due persone che avevano una scienza meteorologica straordinaria. A ciel sereno in piena estate e senza che vi fosse alcunché atto a farlo capire, sapevano dire con precisione assoluta, non soltanto se pioveva in quel giorno. ma perfino l'ora esatta fino a quasi nessun errore di minuti. Si chiamavano, quelle due bravissime persone buone e indimenticabili: Giovanni Troncone, detto l'Apprezzatore, e Merola Pasquale. In quanto all'uso dei nomi. Agropoli ed Ascea anzicché Salerno per N.O. o un altro per S.O., è ovvío che fu dovuto alla maggior conoscenza da parte della gente dei campi di quelle località. Erano i tempi in cui chi era costretto a spostarsi o lo faceva a piedi, anche per lunghi percorsi, o poteva servirsi di modeste cavalcature (asino o mulo). Dò quest'esempto di viaggio a triste bisogno: dal mio paese, negli anni seguìti all'unificazione del Regno d'Italia, essendo sopravvenuta una forte carestia, alcuni, con una carovana di asini, si spostarono fino al Vallo di Diano per acquistare grano. Attraversarono le montagne per sentieri impervi! e pericolosi e. dopo oltre due giorni, raggiunsero Buonabltacolo e le zone di Sala Consilina e Padula. In quanto poi a raggiungere Salerno, prima che fossero costruite le ferrovie, in Cannalonga, c'erano due corrieri di sesso femminile, che. a piedi, vi arrivavano, guadagnando logicamente paghe miserrime. Chiusa questa parentisi e, dopo aver dato un cenno di chiarimento al primo punto, va bene dare inizio ad un secondo punto a base di confronto per ciò che non è assolutamente nostro. Perché ciò riesca comprensibile, ossia perché non sorgano dubbi! se alcune espressioni idiomatiche dialettali nostrane siano veramente nostre, come pure i proverbi, volta per volta, ne farò letterale traduzione. In tal maniera, a chi ha intenzione di vedere se mi sono sbagliato, con colposità o con dolo, nel volerle nostre in assoluto, sarà facile ritrovarle nei libri di coloro che più sanno sui proverbi. Passerò, quindi, a raggruppare i vari! detti per simiglianza e, citando animali. nei nomi dei quali, si han proverbi ed espressioni in abbondanza. L'unico mio rammarico resta quello di non aver raccolto nel tempo giusto tali cose. Per questo difetto, molto, e forse il più genuino, manca e, in quel che c'è, non tutto è preciso. Ma ripeto, questo è gioco: e ogni gioco lascia evidenziare i suoi limiti. Nessuno ci crede; ma è proprio in questo momento che mi è saltato in mente di tirare questo gioco in capitoli.

Codice: MOE001
ISBN 88-323-4061-5
325 Pagine - anno: 1992


Disponibilità: Media
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