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I regesti delle pergamene di S.Michele Arcangelo di Padula |
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Teggiano, Sala Consilina, Padula: è l'itinerario archivistico-paleografico di Arturo Didier, il quale, dopo aver acquistato a prezzo di grandi sacrifici la preparazione necessaria per intraprendere lo studio e l'edizione dei documenti medievali, ha messo la sua competenza al servizio non solo del suo paese, ma anche degli altri centri del Vallo di Diano, che desiderano valorizzare le loro più antiche fonti storiche. È venuto ora il turno di Padula, un centro la cui immagine tende ad appiattirsi su quella della sua grandiosa certosa, ma che invece ha una sua identità ben precisa ed una storia che, pur incrociandosi naturalmente con quella della certosa di S. Lorenzo, è del tutto autonoma rispetto ad essa.
Lo si vede bene dai 147 documenti contenuti in questo volume e conservati nell'archivio parrocchiale di S. Michele Arcangelo, nei quali la certosa compare solo un paio di volte come proprietaria di beni confinanti con quelli oggetto di contrattazione, per cui si potrebbe pensare che le terre monastiche formassero una massa compatta e non inframmezzata da beni appartenenti ad altri enti ecclesiastici locali o a privati cittadini. E probabile invece che si tratti di una falsa impressione e che una più ampia documentazione consenta di delineare un quadro diverso della situazione, per cui il lavoro di Didier, nel momento stesso in cui apre uno spiraglio sulla storia di Padula, rende più pressante l'esigenza di poter utilizzare finalmente la ricca documentazionepergamenacea della certosa, conservata in buona parte nell'archivio della Badia di Cava de' Tirreni.
Si tratta di circa 1500 pergamene che vi giunsero in maniera fortunosa, in seguito alla soppressione del 1807, per interessamento dell'archivista d. Luigi Marincola. Questi, passando una mattina per il mercato di Salerno, notò una pezza di formaggio avvolta in una pergamena, che ai suoi
occhi esperti si rivelò subito come proveniente dalla certosa di Padula. Intraprese allora un percorso a ritroso, per risalire a colui che l'aveva ceduta al produttore del formaggio, percorso che, in quei giorni sciagurati per gli archivi degli enti religiosi soppressi, andava fatto in tempi brevi, per poter ancora salvare qualcosa. Per fortuna la ricerca andò rapidamente a buon fine, e così la notte seguente arrivarono alla Badia di Cava due carretti pieni di pergamene.
Ad esse sta dedicando da anni cure attente Carmine Carlone, il quale ce ne darà tra non molto l'edizione, mentre allo stesso Didier prima o poi qualche ente locale fornirà i mezzi per intraprendere lo studio della parte rimanente della documentazione relativa al Vallo di Diano e conservata sempre alla Badia di Cava, in quanto prodotta dalle chiese e dai monasteri da essa dipendenti. A quel punto sarà possibile tutta una nuova fioritura di studi sul Vallo, che verrà a configurarsi così come una delle aree interne del Mezzogiorno meglio documentate in età medievale; studi che avranno un senso soprattutto se troveranno risonanza nella coscienza delle popolazioni locali e nel mondo della scuola.
Anche a questo si rivolge il libro di Didier, il quale nell'Introduzione individua con sicurezza temi e problemi, per i quali i documenti di S. Michele Arcangelo offrono spunti di riflessione. Ma i docenti - anche quelli delle scuole elementari e medie - non avranno difficoltà ad individuarne altri, per far fare ai loro alunni piccole ma stimolanti esperienze di ricerca, come ad esempio quelle sui nomi dei luoghi e delle famiglie o sulla configurazione urbanistica del paese. Risulterà così valorizzato appieno il lavoro dello storico che opera nel suo territorio e che, in quanto depositario della memoria storica locale, può svolgere un ruolo importante nella formazione delle giovani generazioni, contribuendo a fornire loro gli strumenti per muoversi in maniera più consapevole, e quindi più libera, nella realtà in cui si trovano a vivere.
Giovanni Vitolo |
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