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Casa Editrice: Autore/i (a cura di):
Carlone Editore   Carmine Carlone

I Regesti dei documenti della Certosa di Padula



Tra gli editori e gli studiosi della documentazione giuridica del Medioevo Carmine Carlone si pone in maniera originale per almeno due motivi. Innanzitutto egli è editore nel duplice senso che cura direttamente l'edizione di testi medievali e porta avanti, con non pochi sacrifici, una collana in cui accoglie i risultati del lavoro di altri e che ormai è diventata un prezioso strumento di lavoro per gli studiosi del Medioevo meridionale. Ma singolare è anche e soprattutto la sua attività scientifica, perché si è venuto specializzando in un tipo di ricerca che è di fondamentale importanza per lo studio del Mezzogiorno medievale: un'area e un periodo che hanno conosciuto fino ad anni non lontani una dispersione della documentazione di dimensioni incomparabilmente superiori rispetto al resto dell'Italia, con conseguenti difficoltà per il lavoro dello storico, costretto a operare su pochi dati e per giunta spesso di difficile accesso. Carmine Carlone, infatti, sta dedicando tutte le sue energie alla ricostruzione degli archivi di enti ecclesiastici che hanno svolto un ruolo di rilievo nella vita religiosa e sociale di città e centri minori della Campania, ma che fino a poco tempo fa erano per gli storici entità quasi evanescenti a causa della dispersione del loro patrimonio documentario: un lavoro assai difficile, che richiede indagini in molteplici direzioni e doti non comuni di pazienza, perché c'è da scavare soprattutto in fondi archivistici di età moderna, dove non di rado è finita per i canali più vari documentazione di interesse medievistico. Si tratta di un lavoro per il quale sono assai utili anche i rapporti con eruditi locali, con esponenti del mondo ecclesiastico e con quanti sono sensibili alla tutela dei nostri beni culturali, da cui poter avere indicazioni preziose, direi quasi la "soffiata", per arrivare al proprietario, ora sospettoso ora più disponibile, di frammenti di antichi archivi ecclesiastici o privati: frammenti di archivi non di rado acquisiti attraverso le poco commendevoli arti di antichi studiosi che hanno trasferito nelle loro case i documenti ai quali avevano accesso. I risultati di questo ormai ventennale lavoro di scavo, condotto prevalentemente in area salernitana, sono da tempo sotto gli occhi degli studiosi, a cominciare dal libro esemplare sull'archivio dell'abbazia benedettina di S. Maria Nova di Calli, tra Eboli e Campagna: abbazia che fu a capo di una piccola congregazione nata nell'ambito del "nuovo" monachesimo del secolo XII, ma fino al 1981 praticamente sconosciuta. Non meno importanti sono i volumi dedicati successivamente al convento di S. Francesco di Eboli e a quello degli Agostiniani di Buccino, grazie ai quali è stato possibile dare impulso alla ricerca sugli Ordini mendicanti nel Mezzogiorno medievale: ricerca che era, ed in buona parte è tuttora, ancora fortemente in ritardo rispetto all'Italia centro-settentrionale. Ora è la volta della Certosa di S. Lorenzo di Padula. Non ci troviamo qui davanti ad un ente sconosciuto o quasi, ma ad un insediamento monastico che non solo fu uno dei più rilevanti dell'Italia meridionale nei secoli XIV-XVIII, ma è stato anche oggetto nei primi decenni del nostro secolo, di un ampio studio del sacerdote Antonio Sacco, il cui lavoro resta ancora oggi prezioso, anche se basato solo su una parte della documentazione disponibile, quella a cui potette accedere più facilmente. Da allora più nulla è stato fatto, perché nessuno ha avuto il coraggio di assumersi il gravoso compito di ricomporre preliminarmente un patrimonio archivistico fortemente disperso. È quello che ha cominciato a fare più di dieci anni fa Carmine Carlone, mettendosi sulle tracce dei documenti portati via dalla certosa di Padula tra il 1807 e il 1814, in seguito al decreto di soppressione del 13 febbraio 1807. Di alcuni di essi si conosceva già l'esistenza negli archivi della Badia di Cava dei Tirreni e della certosa di Serra San Bruno, in Calabria, ma quelli di Cava erano stati mescolati alla documentazione di origine cavense e non era facile individuarli, perché essi riguardano zone in cui erano largamente presenti anche i monaci di Cava, e spesso gli atti si riferiscono a negozi tra privati, nei quali non figura affatto l'ente monastico. Parallelamente allo spoglio sistematico delle pergamene conservate a Cava, Carlone si muoveva anche in altre direzioni, ritrovando un privilegio di Ruggiero II del 20 settembre 1133 in un archivio privato e gran quantità di materiale sia nella certosa di Serra San Bruno sia negli Archivi di Stato di Napoli e Salerno. Nel primo, cercando nel fondo Monasteri Soppressi, ha rinvenuto pergamene originali, copie di documenti pubblici e privati nonché inventari vari di archivisti certosini del Settecento. Non meno ricca la messe di dati venuti fuori dall'Archivio di Stato di Salerno, tra cui un inventario del 1830 con i transunti di 1.433 pezzi allora conservati presso la Curia diocesana di Capaccio, i cui originali sono tuttora introvabili. Grazie a questi rinvenimenti è stato possibile ricostruire in buona parte la consistenza del fondo pergamenaceo dell'archivio, cominciando dai secoli XI-XIV, per i quali Carlone dà qui i regesti, più o meno ampi a seconda dei dati che ha potuto raccogliere, di ben 1.043 documenti, in massima parte concentrati nel Trecento, il secolo della fondazione e della rapida fioritura della Certosa di Padula. Sulla loro base è possibile, da un lato, riprendere lo studio del monachesimo certosino in Italia meridionale, in piena fioritura nel secolo XIV, contrariamente a quello che avveniva negli altri rami della grande famiglia benedettina, dall'altro conoscere meglio la vita religiosa, sociale ed economica del Vallo di Diano e della vasta area circostante che gravitava intorno alla certosa; e ciò soprattutto in un secolo difficile come il Trecento, durante il quale il Mezzogiorno, non meno delle altre regioni dell'Italia e dell'Europa, conobbe ricorrenti crisi politiche e gravi tensioni sociali, di cui si coglie puntualmente l'eco nei nostri documenti. Così nel giugno 1354 l'abate e i monaci di S. Maria di Banzi, in Basilicata, denunciano le devastazioni e le violenze (generales brigas et guerras, depopulationes, disrobationes, occisiones et destructiones, conbustiones et alia incredibilia dampna) provocate dall'invasione del regno da parte di Luigi d'Ungheria. Nel luglio 1379 è invece una vedova di Montesano, nel Vallo di Diano, a lamentare l'assassinio del marito e di un suo socio da parte dei briganti (malandrini) lungo la strada per Salerno (in itinere Salernitano). È quindi prevedibile che questo volume e l'altro che seguirà forniranno lo stimolo a una serie di studi e di ricerche collaterali. A questa previsione aggiungo l'auspicio che si possano intraprendere lavori del genere anche per altri archivi di monasteri soppressi, come ad esempio quelli delle benedettine di S. Maria Maddalena di Salerno,dei Domenicani di Acquamela (Mercato San Severino), dei Celestini di S. Giorgio di Novi Velia: lavori che appariranno meno faticosi ai giovani che si avviano alla ricerca storica, se saranno stati educati a considerare il recupero della documentazione del passato un momento fondamentale del loro apprendistato. Giovanni Vtolo

Codice: CAR006
ISBN 88-86854-04-8
504 Pagine - 1 edizione - anno: 1996


Disponibilità: Media
Prezzo: 51.65 €  



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