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Casa Editrice: Autore/i (a cura di):
ASIR   Domenico Sorrentino

Culti e luoghi di culti nella Chora Pestana



li lavoro procederà, relazionando in direzione centrifuga dal centro urbano sui luoghi di culto a Nord, a Sud, ad Est e Nord-Est della cinta muraria. Per Foce Sete, per ovvi motivi, si tratterà immediatamente prima dei culti del centro urbano di Posidonia-Paestum. "Una delle cause più concrete e sicure dell'ubicazione di un santuario greco fu la continuazione di un culto indigeno incontrata dai greci... Laddove i coloni greci non trovavano un culto indigeno, come avvenne a Foce del Sele, la scelta del luogo fu fatta ab-integro, apparentemente perchè questo luogo fu creduto grato alla divinità o adatto al culto di essa per le sue qualità ambientali. Tornando alla Foce del Sele, colpisce l'analogia dell'ubicazione di questo santuario di Hera alla foce dello lambros, nell'isola Samo, ambedue posti in pianura presso la foce di un fiume o di un ruscello, ambedue santuari di Hera, venuta da Argo in terra coloniale" A noi non sembra del tutto accettabile la tesi dello studioso quando dice che "laddove i greci non trovavano un culto indigeno, come avvenne a Foce del Sek, la scelta del luogo fu fatta ab-integro..." Ma si intuisce facilmente come i naviganti greci, quelli della leggenda argonautica, frequentando il luogo di Foce Sele per motivi di commercio, dovettero incontrare popolazioni indigene che naturalmente avevano un loro culto (alle divinità della fecondità o delle acque?). Frammenti di ceramica micenea (M. III B. C 1) rinvenuti sia a Foce Sele sia 'sulla riva destra, tra la cd. Basilica e le mura" ci dimostrano chiaramente che i contatti dei navigatori greci con gli indigeni, dovettero essere frequenti e fecondi di rapporti anche culturali. Ciò è dimostrato anche da quel sincretismo così intenso rivelato-si dalla tipologia delle tatuette in terracotta rinvenute in tutto il territorio pestano ed oltre. Prima che si costruisse, o consolidasse il centro urbano, che sarà chiamato Posidonía, il territorio che va dalla sinistra del Sele al capo Enipeo, oggi detto Tresino e promontorio di Agropoli, era certamente abitato da popolazionì indigene, che convenzionalmente vengono chiamate "Italici" o "Osci" o "Enotri". Ne sono testimonianze i numerosi rinvenimenti archeologici, tra i quali la necropoli del "Gaudo" a un km a Nord delle mura della città, il materiale ad impasto sul lato Nord dell'Athenaion, di Capo di Fiume, delle necropoli di S.Cecilia e di Pontecagnano. Senza dubbio i popoli italici avevano loro dei e culti, che purtroppo, per il territorio pestano ne le fonti letterarie, ne l'archeologia ce ne hanno tramandato testimonianze. Solo possiamo ipotizzare dagli studi di Giacomo Devoto che gli italici che popolavano le terre del golfo Posidoniate, veneravano divinità comuni ai consanguinei italici dell'Italia centrale e meridionale, che saranno chiamati Sanniti, lrpìni, Frentani, Lucani ecc. Gli dei dei popoli italici, umbri, sanniti, sono svariati. Se ne ricordano solo alcuni, quelli venerati in Campania, e quindi nella pianura del Sele: Mamerkos, dio dell'agricoltura (poi della guerra presso i romani); Kere, dea madre, che nel sincretismo greco sarà Hera e corrispondente alla etrusca Uni. "La novità essenziale è data dagli ulteriori rapporti che si stabiliscono con le divinità". Quali dei venerati in epoca greca, lucana e romana a Posidonia-Pestum, nel suo territorio, desumiamo dalle fonti letterarie ed archeologiche? Non possiamo prescindere, per questo problema, da quanto Giutio Giannelli ci ha tramandato nella sua opera. Si riporta qui di seguito l'elenco delle divinità citate, per esaminarne le caratteristiche sia iconografiche che culturali. Dalle monete sappiamo che erano venerate a Posidonía: 1) Poseidon 2) Is 3) Artemis 4) Dionysos 5) Dioskouroi 6) Nike 7) Bona Mens 8) Iuno Moneta. Dalle fonti letterarie e iscrizioni di monumenti: 9) Hera 10) Athena 11) Demeter e Kore 12) Leucosia 13) Heracles 14) Nynphai 15) Kiron. Non doveva certamente mancare un culto a Zeus, se la statua in terracotta rinvenuta negli scavi del Themenos del c.d. Tempio di Nettuno sta a rappresentare il Dio (a), che anche se non e l'"onnipotente" signore del cielo e della terra... il supremo degli Olimpii, poichè anch'egli non meno degli altri dei, si trova inserito nel cosmo e nel suo ordinamento. Perciò, pur consapevole della propria inferiorità, l'uomo ellenico non ha nei confronti della divinità un atteggiamento di "dipendenza pura e semplice". Il passo dello studioso ci riporta alla concezione che l'uomo greco, della madre patria, non meno dei coloni aveva della religione. L'uomo greco "nettamente avverte pure che da ogni lato che lo circondano esseri superiori, che non sono meno reali per il fatto d'essere sottratti alla sua vita. Sono i sostenitori della vita che pervade il mondo intero, mandano prosperità o carestia per i frutti del suo campo, salute e morbo al suo bestiame e a lui stesso". Una tale concezione, bisogna riconoscerlo, non era solo dell'uomo greco, ma di ogni altro, sia Italico che Etrusco, Celto o Scita. Solo presso ciascun popolo poteva variare il rito relativo al culto più o meno evoluto, a seconda del ceto presso cui si svolgeva.

Codice: ASIR01
56 Pagine - anno: 1991


Disponibilità: Media
Prezzo: 4.13 €  



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