|
Campania Archeologica |
|
 |
Anche questo libro, come Campania Storica che l'ha preceduto, è scritto senza licenza dei superiori. Una licenza che non ha senso se riferita a pagine scritte con criteri anarchici. L'anarchia, in questo caso, consiste nell'assoluta libertà di narrare luoghi fatti personaggi della Campania senza porre interrogativi culturali (che sarebbero inquietanti). La cultura alla quale mi riferisco è quella ufficiale, che appartiene a coloro che accademicamente ne sono investiti. Poiché non ho ricevuto né ho chiesto alcuna investitura, non posso essere imputato di lesa maestà.
Tutti i capitoli sono collegabili, direttamente o indirettamente, alla mia attività di giornalista. Anche stavolta ho rinunciato ad immagini fotografiche ed ho preferito i disegni che mio fratello Pasquale ha inventato in piena libertà espressiva. Il rapporto tra la parola e il segno nasce forse da analoghe emozioni, certo da identico sentimento.
Il libro è nato da un'esigenza che, nel mio caso, coincide col bisogno naturale di vedere, di sapere, di raccontare le testimonianze della mia terra. Un'esigenza che il terremoto del novembre 1980 ha reso più evidente, essenziale, finanche frenetica. Il risultato consiste in un documento, parziale e precario, di cultura naturale, che é come il grido del ragazzo che si accompagna a Goethe nel suo viaggio. Se qualcuno vorrà rimproverarmi i suoni strozzati della mia voce, lo toccherò dolcemente sulla spalla dicendogli: « perdonate, signore, questa è la mia patria! ». |
|
|
